Riforma della crisi d’impresa

Legge 19 ottobre 2017, n. 155

La legge di Delega al Governo per la riforma delle discipline della crisi di impresa e dell’insolvenza (Legge 19 ottobre 2017, n. 155 pubblicata in G.U. n. 254 del 30 ottobre 2017) con l’art. 5 si occupa della disciplina in tema di accordi di ristrutturazione dei debiti e di piani attestati di risanamento.

La composizione negoziale dell’insolvenza, fenomeno noto alla prassi e che, nel silenzio della legge fallimentare del ‘42, è stata intesa la “ristrutturazione dei debiti” nel senso della rinegoziazione da parte del debitore delle proprie esposizioni al fine di operarne una novazione o una modificazione idonea a prevenire o a rimuovere lo stato di decozione, con l’obiettivo di realizzare un piano di risanamento dell’impresa, sul presupposto di una ragionevole prospettiva di reversibilità della crisi.

Tuttavia una prima e vera normativa solo con il d.l. 14 marzo 2005, n. 35, convertito con modificazioni dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, che ha inserito nella legge fallimentare il nuovo art. 182-bis ed il novellato art. 67, comma terzo, lett. d), l.fall.

Quanto agli accordi di ristrutturazione si è vista una continua riforma da parte del Legislatore, il quale prima ha modificato l’art. 182-bis l.fall. con il d.lgs. 12 settembre 2007, n. 169 (il cd. decreto correttivo) e poi ha introdotto una novella con l’art. 48, d.l. 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, inserendo misure protettive del patrimonio del debitore anticipate, poi, con il d.l. 22 giugno 2012, n. 83 convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, il legislatore ha apportato ulteriori modifiche estendendo agli accordi l’ambito di applicazione della disciplina tributaria in tema di sopravvenienze attive e di deducibilità delle perdite.

Ennesimo intervento si è avuto con il d.l. 27 giugno 2015, n. 83, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2015, n. 132, che ha inserito nella legge fallimentare (art. 182-septies) la “sottospecie” dell’accordo di ristrutturazione con intermediari finanziari e la convenzione di moratoria.

L’attuale disciplina degli accordi di ristrutturazione ex art. 182-bis l.fall., si snoda in due fasi, l’una stragiudiziale e l’altra giudiziale.

Nella prima l’imprenditore in stato di crisi deve raggiungere un accordo, con contenuto interamente rimesso alla volontà delle parti, con tanti creditori che rappresentino almeno il 60% della complessiva esposizione debitoria. Egli potrà altresì ottenere, con una istanza rivolta al tribunale, una temporanea protezione, per non oltre 60 giorni, dalle potenziali aggressioni al suo patrimonio da parte dei creditori.

Nell’altra fase, che prende l’avvio con il deposito dell’accordo in tribunale e l’iscrizione dello stesso nel registro delle imprese, l’imprenditore chiederà l’omologa del tribunale entro 60 giorni, durante i quali opera sempre una temporanea protezione per il patrimonio dell’imprenditore da azioni esecutive e cautelari.

La nuova “sottospecie” di accordo di ristrutturazione introdotta dall’art. 182-quinquies l.fall., fermi i diritti dei creditori diversi da banche e intermediari finanziari permette che per banche e intermediari finanziari i suoi effetti vengano estesi anche ai creditori non aderenti appartenenenti alla medesima categoria, quando tutti i creditori della categoria siano stati informati dell'avvio delle trattative e siano stati messi in condizione di parteciparvi in buona fede e i crediti dei soggetti aderenti rappresentino, comunque, almeno il 75% dei crediti della categoria.

Sarà possibile per le banche e gli intermediari finanziari non aderenti proporre opposizione entro 30 giorni dalla comunicazione della convenzione stipulata e chiedere che la convenzione non produca effetti nei loro confronti.

L’art. 5 della legge 155/2017 affida al Governo il compito di stabilire l’eliminazione ovvero la sola riduzione della soglia del 60% dei crediti.

È previsto peraltro che la soglia sia soppressa del tutto ovvero ridotta a condizione che il debitore non intenda chiedere misure protettive temporanee e sempre che non proponga una moratoria del pagamento dei creditori estranei entro i 120 giorni dalla scadenza del credito o dall’omologa se già scaduto.

La legge 155/2017 non precisa quale percentuale di soddisfacimento debba assicurare il proponente che richieda misure protettive ovvero la moratoria di cui all’art. 182-bis, primo comma, lett. a) e b), l.fall.

Può dirsi ragionevole ritenere che la stessa possa rimodularsi in misura superiore alla maggioranza assoluta dei crediti, in applicazione del principio maggioritario operante nel concordato preventivo, dato che l’attuale soglia è pari al 60% dei crediti.

Come accade per il concordato preventivo, la legge delega dispone espressamente che, in caso di società con soci illimitatamente responsabili, gli effetti dell’accordo si estendono anche ai soci (art. 5, lett. d).

Una rilevante novità riguarda la riunificazione della disciplina degli accordi di ristrutturazione, altrimenti sottoposta a diverso trattamento a seconda della categoria di creditori (banche e intermediari finanziari o altri).

Gli effetti dell’accordo o dell’eventuale convenzione di moratoria, purché soltanto nell’ambito di un piano di continuità aziendale, possono estendersi ai creditori non aderenti se l’accordo medesimo venga raggiunto con creditori che rappresentano una rilevante percentuale di almeno il 75% del totale dei crediti (art. 5, lett. a).

Ancora una volta si segue a modello la disciplina del concordato preventivo.

L’accordo di ristrutturazione ne esce così fortemente snellito e semplificato:

a) quando consente il pagamento integrale e non dilazionato dei creditori estranei all’accordo non è necessario raggiungere alcuna soglia minima di aderenti;
b) quando viene raggiunta una maggioranza del 75% dei crediti i suoi effetti possono estendersi anche ai creditori estranei all’accordo, purché vi sia una finalità sostanzialmente non liquidatoria ma di continuità aziendale;
c) quando sia prevista la dilazione di 120 giorni dei pagamenti nei confronti dei creditori estranei
ovvero siano state richieste misure protettive del patrimonio dell’imprenditore, sarà necessaria una determinata percentuale di creditori aderenti.

Persiste  il diritto dei creditori che siano rimasti estranei all’accordo di opporsi all’omologazione in caso di frode o di inattuabilità dell’accordo, ovvero dimostrando l’esistenza di alternative più favorevoli.

Il meccanismo della maggioranza qualificata che vincola la minoranza dei creditori può operare anche per accordi circoscritti a singole categorie omogenee di creditori, sempre che ciò non pregiudichi il pagamento integrale dei creditori appartenenti alle altre categorie.

Quindi, sarà possibile raggiungere un accordo con la maggioranza qualificata di una categoria omogenea di creditori (ad es. i cd. fornitori strategici), che vincolerà tutti gli appartenenti alla categoria.

È consentito un accordo che preveda una pluralità di classi di creditori omogenei ovvero che inserisca tutti i creditori in classi; in questo caso la maggioranza del 75% dei crediti raggiunta in ciascuna delle classi formate dal debitore, vincolerà il restante dei crediti delle rispettive classi.

Ovviamente, quando in una classe non si raggiunga la maggioranza qualificata delle adesioni, il debitore proponente dovrà assicurare il pagamento integrale di quelli non aderenti.

Quando chiede una moratoria nel pagamento di quelli non aderenti dovrà comunque assicurare il raggiungimento di una determinata soglia di adesioni all’accordo.

In ordine alle misure protettive temporanee, la legge 155/2017  prevede una omogeneizzazione con quelle che trovano applicazione nel concordato preventivo (art. 5, lett. c).

Oggi, la disciplina contenuta nel sesto comma dell’art. 182-bis l.fall. è particolarmente farraginosa.

È interessante notare, infine, come nella fase di omologa dell’accordo di ristrutturazione non sia previsto un intervento del tribunale d’ufficio nella valutazione di eventuali soluzioni alternative. Si è quindi lasciato ai creditori la facoltà, attraverso lo strumento dell’opposizione all’omologa, di eccepire l’esistenza di eventuali soluzioni alternative più favorevoli.

Quanto ai c.d. piani attestati di risanamento, la legge si preoccupa di apportare alcuni chiarimenti alla disciplina contenuta nell’attuale art. 67, terzo comma, lett. d), l.fall.

In particolare stabilisce che il piano attestato debba avere “forma scritta, data certa e contenuti analitici” (art. 5, lett. e).

 

Avv. Veronica Grillo

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